Ha inizio a metà dell’Ottocento, quando lo scozzese Robert William Thomson depositò a Londra il primo brevetto dello pneumatico, detto “Aerial Wheel” (ruota ad aria): un supporto di gomma riempito di aria da applicare alle ruote con l’intento di renderne più agevole il rotolamento. La sua idea, da lui definita “Applicazione di supporti elastici intorno alle ruote di veicoli, allo scopo di diminuire lo sforzo necessario a trainarli, rendere il loro movimento più facile e attutire il rumore che fanno quando si muovono” era talmente rivoluzionaria che non fu minimamente considerata, non c’erano infatti ancora veicoli o biciclette.
Quando Thomson, unico proprietario al mondo di una carrozza che aveva ruote con pneumatici, morì la sua “ruota aerea” fu completamente dimenticata per molti anni. Ma la sua intuizione era già l’embrione dell’intera invenzione dello pneumatico: egli aveva capito che il mezzo migliore per esaltare le qualità di leggerezza, comfort e diminuzione di attrito durante il viaggio era l’aria, introdotta a pressione dentro la corona di gomma cava, lo pneumatico appunto.
Già da tempo si erano scoperte le qualità magiche e un po’ misteriose della gomma. in Brasile alcuni piantatori avevano intuito le capacità malleabili dell’albero della gomma (“Hevea brasiliensis”), dal cui tronco si poteva far uscire un lattice denso e vischioso che, lavorato, poteva assumere qualsiasi forma. gli oggetti che si potevano ottenere erano molti ma ben presto si notò che questi mantenevano le loro caratteristiche elastiche soltanto a temperatura ambiente, mentre si scioglievano al caldo e si indurivano al freddo.
A rimediare a questa problematica fu Charles Goodyear, un tecnico statunitense che nel 1839, aggiungendo lo zolfo alla mescola della gomma, riuscì ad ottenere un prodotto resistente alle variazioni di temperatura, in grado perciò di conservare nel tempo le sue doti di elasticità. Goodyear brevettò la sua scoperta e la utilizzò per rivestire i cerchi delle carrozze, ma anche lui non fu molto fortunato: la sua invenzione venne copiata da tutti senza che egli riuscisse a far valere i propri diritti.
Chi inventò lo pneumatico nella sua concezione moderna, nel 1888, fu lo scozzese John Boyd Dunlop: mentre cercava una soluzione per rendere più leggero e veloce il triciclo del figlioletto, pensò di riempire d’aria le gomme per alleggerire il peso del veicolo. L’esperimento funzionò e Dunlop depositò il brevetto, inventando lo pneumatico per la seconda volta.
La sua prima applicazione alle biciclette fu un successo enorme: appena un anno dopo il ciclista William Hume, considerato mediocre, decise di utilizzare questo prototipo e vinse tutte le gare a cui partecipò. Si iniziarono a vendere sempre più biciclette equipaggiate con le nuove ruote e nel 1889 a Dublino nacque la “Pneumatic Tyre and Booth’s Cycle Agency Limited“.
Ma nel 1890 ci fu un’incredibile scoperta: un funzionario dell’Ufficio brevetti di Londra ritrovò il brevetto di Thomson e la notizia diventò presto di dominio pubblico. L’opinione pubblica fu unanime nel riconoscere l’assoluta correttezza di Dunlop che, ignaro del lavoro del suo predecessore scozzese, era arrivato alla stessa geniale invenzione, ma la sua priorità venne invalidata.
Negli anni seguenti in molti avanzarono con tecnologie per perfezionare le gomme e i miglioramenti furono notevoli, dalla risoluzione per il problema del surriscaldamento della gomma al colore nero del battistrada con l’incisione del marchio. Ben presto nel panorama degli pneumatici apparvero anche i fratelli André ed Edouard Michelin che ebbero l’intuizione di applicare le gomme su un’automobile.
Finalmente insomma, lo pneumatico si affermò, come un’invenzione veramente in grado di cambiare il mondo e la concezione del viaggio.